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Adriano Peritore Palermo

 

 Nel 1992 Vera Ambra dona alle stampe una silloge dal titolo, in verità impegnativo ma non ammiccante. “La voce delle donne”, tratto da una sua intensa e significativa poesia.

L’Autrice ha diviso le liriche in tre parti titolate progressivamente: “Sei luna”, “Attimo” e “La voce delle donne”, come a volere segnare le tappe essenziali e fondamentali del distacco dalla “parola chiacchiera” (così ha definito Jonesco la parola che non rivela più) per approdare al logos che diventa l’azione cioè lo sradicarsi dal quotidiano, dalla pigrizia mentale, dall’abitudine.

Quindi, prendere coscienza e vivere pienamente la propria condizione di donna nella concezione più universale, inserita in una qualsivoglia società non solo perché specificatamente siciliana: fermarsi ad ascoltare la musica che nasce dentro, allertare tutti i sensi e gioire allora delle proprie sensazioni e della propria femminilità.

Vera Ambra ha percorso questo itinerario ed ha concluso questa esperienza nel prendere profondamente e totalmente coscienza di essere persona e nel sentimento di pienezza che essa origina.

Ed è sempre lo consapevolezza che mette in opera lo scandaglio per esplorare le profondità del proprio essere, seguire le tracce di “un pensiero intrigante nello spazio del cuore”, come afferma la stessa Autrice nell’incipit della sua raccolta titolata “Favola’ e data alle stampe nel 1995.

In “Favola”, infatti, la poeta sceglie la forma del dialogo intimista e la sua lirica segue lo stretto sentiero che conduce all' ”io”, registrando sentimenti, sensazioni, pulsioni, come a volere trasferire nell’ambito individuale proprio i dati, i valori culturali, gli elementi costitutivi della realtà esterna che hanno caratterizzato lo raccolta di poesie “La voce delle donne”.

Vorremmo sottolineare con Vera Ambra lo riuscita dell’operazione di ossimi lozione e trasfigurazione condotta nel suo secondo libro, ma essendo felicemente vicini per natura al ”dubbio”. riteniamo di riscontrare nelle due pubblicazioni il motivo husserliano della contraddizione fra universo mutevole ma concreto e un “io” invece assoluto che non ha però nessuna concretezza.

Questa aporia è presente in Montale sempre come manifestazione della “cultura della crisi” e in Vera Ambra come importante e seria ricerca della comunicatività e della espressività letteraria.

 

     Anna Ruggeri
     Catania marzo 92

     Vera Ambra non ama autodefinirsi poetessa. Ma chi parla di lei dà per scontato, quando la inserisce a pieno titolo, anche se con degli opportuno distinguo, nel lettrismo, in quel movimento cioè o “arte” che accetta la materia delle lettere ridotte e diventate semplicemente se stesse (Isidore Isou).

     Le poesie di Vera Ambra cercano un nuovo linguaggio poetico. Il limite di ogni poeta, la paura di chi si accinge a poetare è l’incomunicabilità. Il poeta parla per sé o parla per gli altri? Il poeta vuole essere capito?

     La ricerca di un nuovo linguaggio poetico è una rivendicazione elitaria o serva a portare ai lettori la voce appassionata del poeta che piange e grida? Io preferisco dare, per Vera Ambra la seconda risposta. L’Autrice ci parla col suo linguaggio, perché nel poetare non né ha uno diverso. Ma come il bambino che piange perché vuole parlare con la mamma, così le poesie di Vera Ambra sono l’avvio di un dialogo, che parte da certe frasi, da versi in cui non esistono segni di interpunzione. È troppo facile per il lettore pensare ad Ungaretti prima maniera, per l’ermetismo di certi versi: “Balocchi calpestano / pudori innocenti / istinti ribelli / nell’insieme cellule / contaminano l’esistenza / nell’inutile ricerca / di frammenti senza ordine”.

     In “La voce delle donne” c’è molto di inespresso, ci sono pagine bianche, da cui si staccano poche parole, come da una situazione di silenzio. Vera Ambra isola nel verso le parole, in modo da rendere tutta la loro violenza semantica. Perché quelle parole (o quei frammenti di parole) isolate nel corso di un verso? Perché il ricorrere di tutti quei contenitori, vuoti o pieni, indicati come spazio - cuore - trappola - labbra - mento - sipario - casa - porta - persiana - anfratto? Perché quella contrapposizione tra copertura e trasparenza? (“Nascondetevi” e “spalanca le finestre”).

     Forse perché Vera Ambra dice Mi sono mascherata, ho perso cose.” E si riferisce al passato. E per il futuro? Forse si riferisce al futuro “odore di libertà e “voglia di crescere”?

    

     Franco Lazzerini
     Roma, Gennaio 95

… Ho letto con meticolosa periodicità il tuo libro che ho trovato interessante e complesso. La tua è una Poesia molto personale e direi di avanguardia che scava nel profondo e non di facile interpretazione, almeno nel primo impatto. Non è facile capire il tuo credo poetico e quindi apprezzarne le finalità ed i meriti.

 

     Luigi Maino 
     Milano, 1995

     Si capisce sin dall’inizio del suo libro che Vera Ambra desidera percorrere orizzonti insoliti. I suoi versi arrivano a ondate successive senza soluzione di continuità, mancano di punteggiatura, sono essenziali e incidono la superficie apparente delle cose e dei sentimenti. Le onde si ingrossano, prendono forza e vigore; infine un fortunale si abbatte sulla Sicilia (l’Autrice vive a Catania) e non solo lì. L’ultima composizione rappresenta l’inizio di una azione destinata a intensificarsi. Le parole abbandonano i significati consueti e, andandosene per conto loro, lasciano orfana la realtà; naturalmente la realtà che fa cerchio intorno alle anomalie del nostro tempo: politica, affarismo, camorra e mafia, ed anche una certa falsa religiosità.

 

    Cristina Milazzo
     Sotto il vulcano

     «Per me scrivere è stato un modo di affrontare l’essenza della vita in maniera dignitosa. Il lettore non va tediato con elaborazioni colmi di tristezza, questa non è un’arte, ma va accompagnato in un mondo fatto di luce, di speranza, in cui il verso o la prosa abbiano una propria collocazione propositiva».

In modo rivoluzionario e coraggioso Vera Ambra, autrice catanese, con calma ed estrema lucidità, ci introduce nel mondo della poesia. La scrittrice, che per anni, ha lavorato sul suo modo di comporre, è riuscita ad uscire dagli schemi classici e normali della poesia, che portano lo scrittore a piangersi addosso per cercare la comprensione negli altri o la necessità di sfogarsi con gli scritti.

Per lei la sofferenza fa parte della vita di ogni individuo e, come tale, deve essere affrontata, comunicata e superata, affinché l’uomo possa continuare la sua esistenza, reagendo e diventando sempre più forte.

Vera certamente è una donna forte, sicura e battagliera, perfettamente in equilibrio tra la ragione e l’anima, così come i suoi versi, estremamente comunicativi, che si districano tra metafore, simbolismi e cruda realtà. La sintesi regna nelle sue poesie colme di ricordi, trasposizioni del passato alla ricerca del nuovo incubi trasformati in incanti, lacrime divenute sorrisi.

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