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Esiste il potere lenitivo della scrittura? È una sorta di cura omeopatica in cui dosi quotidiane di veleno, via via più consistenti, rendono immuni da avvelenamento?

PUDORE

Poesie di Vera Ambra

Collana La luna nel secchio

Edizioni Ediprom, 1997 pp. 64 £ 5.500

 

Esiste il potere lenitivo della scrittura? È una sorta di cura omeopatica in cui dosi quotidiane di veleno, via via più consistenti, rendono immuni da avvelenamento?

Il cosiddetto "male di vivere" - causato da molti e più o meno agguerriti fattori - può essere combattuto o addirittura vinto con la poesia?

Vera Ambra, nella prima parte di questo testo, sembra dirci di sì. Lei sostiene che attraverso la tenerezza della parola ci si può innalzare molto in alto - e da lassù godere di un panorama che comprende una retrospettiva su noi stessi. Essere attori e registi, contemporaneamente.

Estraniarsi - per capire. Dimenticare - per scriverne.

Il pretesto alla scrittura è qui un'altra donna: la ladra di mariti, la biscia che scivola tra lenzuoli umidi di umori e amori. In pochi, enigmatici tocchi, Vera Ambra ripercorre una delle proprie esistenze possibili (forse l'unica, ma creare delle distanze fra testo e autore è il giuramento che faccio prima di ogni lettura, una specie di Segno della Croce).

Il testo, nella sua brevità, è davvero pregevole per carica emotiva e ricerca stilistico-formale. La scrittura è densa, ricca di simboli e analogie - mai pesante. La forza, la rabbia, l'urgenza...

La sonorità del testo (leggere a voce alta è uno degli strumenti del mio modesto laboratorio) mi ha ricordato Marina Cvetaeva, le sue invettive contro l'odiata Venere - antagonista nella carne, corpo, forma - e i suoi slanci verso l'invisibile Psiche - amore eterno, spirito, anima.

Complimenti ad Ambra.

Loris Binotto

 

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