Mi sembrava allora una cosa
fuori dal mondo fare amicizia con un ragazzo... in fondo avevo ricevuto una rigida
educazione e stare alla larga dai ragazzi era la prima cosa che mi avevano insegnato!
Eppure le vacanze estive non duravano a lungo e
non avevo voglia di trascorrere il resto del mese a guardarlo soltanto. Questi pensieri,
infatti, a poco a poco diventarono sempre più importanti e sentivo che dovevo far
qualcosa pur di riuscire a parlargli.
Feci amicizia con Franca la giovane portinaia e
nei momenti liberi, quando non ero occupata nelle letture o nelle "faccende
domestiche" andavo a farle compagnia nella sua angusta guardiola ed a lei confidavo i
miei pensieri. Qualche volta mi capitava di incontrare sua madre, portava sempre in
braccio un cucciolo di cane lupo ed io mi fermavo ad accarezzarlo.
Lei, assieme alla sorella Lilly, entrambe di
origine svizzere, avevano una bellissima profumeria di fronte al Teatro Stabile Angelo
Musco di Catania, allora in Via Umberto dove avevamo la nostra residenza. (Lo stesso
locale che nel frattempo diventò il Bar Angelo Musco in cui vent'anni dopo conobbi
Benedetto Macaronio).
Questa donna in qualche maniera rappresentava
il modello di mamma che avrei voluto avere. Era davvero molto bella. Dai suoi occhi scuri,
grandi e buoni traspariva la bontà di un cuore sincero. La sua fronte era pallida e
spaziosa ed il suo portamento nobile. Aveva i capelli neri leggermente ondulati sulle
spalle e fissati sopra la nuca con un enorme fiocco (allora erano di gran moda).
Ogni volta che la incontravo solevo affondare i
miei occhi per potermici specchiare dentro, provavo per lei una sorta di feeling e mi
dispiacevo quando leggevo nel suo sguardo i segni della stanchezza. Ciò che percepivo in
lei non erano i classici segni della stanchezza fisica era qualcosa che la turbava nel
profondo dell'anima. M'intristivano i suoi occhi. Erano velati di tristezza e a volte
erano così duri che potevano uccidere.
Al piano soprastante il mio abitava un'altra
donna sposata con tre figli e il marito in Africa. Il maggiore dei figli aveva all'incirca
16-18 anni, seguito da una ragazza e Paolo il minore, che in quel tempo aveva due e
giocava spesso con mia sorella Silvana. Il fratello di Paolo (adesso non ricordo più come
si chiamasse) all'improvviso morì. Credo di un brutto male e lasciò sua madre nella
totale disperazione. Mai più, fino alla sua morte, quella donna accettò l'idea d'aver
perso il figlio. Nella sua casa - per tutto il tempo che l'abitò - rimase pregna di
questa presenza e anche la casa che abitò dopo e dopo ancora.
Quel periodo fu profondamente turbato da questa
"scomparsa" non credevo che si potesse morire così giovani. Credevo che la
"morte" fosse qualcosa legata alla vecchiaia... la morte è qualcosa che non ho
mai accettato neanche con la più grande delle volontà. Ma la cosa non era finita qui.
L'estate era già avanzata ed eravamo quasi
alla fine d'agosto e cantavo la canzone in voga in quel momento... con le parole di Little
Tony mi dicevo: "lo so verrà la fine d'agosto e poi sarà la fine di tutto... tu
ritornerai tra gli amici tuoi e di me... di me ti scorderai...."
In effetti fu un'estate che mai più
dimenticai.
A Catania erano stazionari i 35 gradi
all'ombra. Si soffocava dal caldo ed io il mare lo guardavo da lontano. Non sapevo nuotare
e mi vergognavo andare in "acqua" con la ciambella. Fu una di queste mattine,
una come le altre. Preparavo un enorme panino quando bussò a casa Franca, la portiera:
"Stanotte è morta la signora Giorgina" (la madre del ragazzo che mi piaceva
tanto).
"Cosa" esclamai più che spaventata,
turbata. Come potevo accettare che lei se ne era andata. Mi passò la fame e per tutto il
giorno non riuscii a buttare giù un boccone. Non ero mai riuscita a dirgli di più del
"buon giorno" o sera che fosse, per me era un'estranea, una che conoscevo appena
eppure le ero tanto affezionata. Ancora una volta mi ritrovai ad affrontare l'argomento
"morte" diventando una sua acerrima nemica.
I miei pensieri corsero subito al figlio,
rimasto orfano a soli 13 anni. Conoscevo tante ragazze orfane e adesso me ne trovano un
altro.
Claudio aveva un fratello maggiore di 10 anni,
un padre e due nonni ma non avrebbe avuto più il conforto di una madre: bene
insostituibile a questo mondo. Questo dolore che provavo nel petto si spandé con le sue
maglie ancor più in profondità quando vidi per la seconda volta una lunga e larga auto
nera portarla via dentro una bara.
Non trascorse molto tempo dalla sua morte che una
notte feci u sogno alquanto strano. Mi ritrovai ad essere spettatrice di una
discussione che stava avvenendo tra la signora Giorgina e il figlio Claudio.
o non riuscivo ad ascoltare quello che si
dicevano ma avevo la sensazione che il ragazzo chiedesse consiglio alla madre sulla scelta
che aveva fatto per una ragazza (io) e nel frattempo le porse una lettera che gli avevo
scritto.
La madre finì di leggere il foglio e gli
disse che era felice per la sua scelta e con un'aria contenta s'allontanò, lasciandolo da
solo.
Il sogno non si concluse qui. Così proseguì.
Non era un luogo ben preciso dove mi
trovavo. Vidi la signora venirmi incontro. S'avvicinò parlandomi con voce dolcissima...
Mi disse che era felice di lasciare a me suo figlio perché lei doveva andare lontano e
non sarebbe più ritornata e, mentre con molto affetto mi salutava, concluse
dicendomi" «Guarda in cielo, figliola, cerca una stella, la più luminosa.
Sarò io che dall'alto veglierò sul tuo camino».
"Che stupida", mi dissi la mattina
dopo svegliandomi. "In fondo è stato solo un sogno, come puoi pensare che quel
ragazzo ti è stato "affidato"... nemmeno lo conosci. Ragionamenti di questo
genere ne feci a più non posso. Erano trascorsi tre o quattro giorni quando decisi di
scrivergli sul serio. Scrivergli la famosa lettera... ma cosa gli avrei detto, cosa avrei
scritto? Come gli avrei potuto manifestare quegli innocenti timori che scoprivano il
palpitare dei sensi.
Quel volto fanciullo apparì come un prezioso
raggio che illuminava ogni angolo dell'esistenza... ed ero stanca di sorprendermi a
fantasticare puntando gli occhi al soffitto. La prima cosa che pensai fu che non era
affatto carino "fare una dichiarazione ad un ragazzo" ...e se gli scrivessi una
lettera anonima?
Finalmente optai per quest'ultima soluzione e
quando fu "stilata" la chiusi in una busta e, ben incollata, la consegnai a
Franca pregandola di dargliela non appena l'avesse visto.
Dalla finestra della cucina lo vidi mentre
rientrava a casa. Aveva il viso turbato mentre apriva la busta. Tutte le volte passava
sotto il mio naso senza accorgersi che lo guardavo. Forse fu per quella lettera che
qualche giorno dopo iniziò a seguirmi per strada. Trascorse un'altra settimana di scambi
di sguardi quando c'incontrammo davanti al portone di casa. Facendo finta che non riusciva
ad aprire mi chiesi se avessi la chiave. Compresi che quella era l'occasione buona per
attaccare discorso.
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Strane,
le follie d'amore
sorte in fondo
delle tenebrose vie
che tramutano tutto
in splendido sentiero.
Lascia che io riviva
ancora quel giorno.
Lascia che la penna
scriva ancora
guidata da malinconia.
La gioia che m'hai dato
nessuno può portarla via.
Finalmente conobbi il suo nome ma il mio timore
era che lui avesse tirato fuori "la lettera".
Per fortuna che non fece altrimenti sarei morta
di vergogna. Iniziammo ad uscire tutti i pomeriggi e sempre più ero fermamente convinta
che tra noi fosse nato qualcosa che sarebbe stato destinato a diventare grande. Le cose
belle, purtroppo, durano poco.
L'estate era del tutto finita e l'apertura
delle scuole era alle porte. Questo significava che avrei lasciato
Catania, che sarei tornata ad Acireale.
Ci promettemmo, però, che ci saremmo scritti
tutti i giorni.
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