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Può la poesia cambiare gli eventi della vita e noi stessi? Questo mi sono
chiesto, e penso di non essere stato il solo.
Il poeta irlandese Auden scriveva:
Sono consapevole che tutti i versi da me scritti, tutte le posizioni da me assunte
negli anni Trenta non sono riusciti a salvare un solo ebreo. Quegli atteggiamenti, quegli
scritti sono daiuto solo a me stesso.
E che la poesia sia stata daiuto a
Vera Ambra non vi è dubbio. Ella inizia il suo cammino letterario con La voce delle donne
(1992), con quella voce che le donne in passato non avevano mai avuto, ma che, a partire
dal 1906, con la pubblicazione di Sibilla Aleramo Una donna, cominciano a far sentire.
Prosegue con Fiammiferi, e ci dà un «surrogato» di
vita proprio perchè «la vita ha perso la sua partita» anche se, però, non ne
è poi tanto convinta: ella sa, sente che può rinascere, ma non osa.
Sussurra, grida, aumenta il tono, la
musicalità, perfeziona la forma e approda a La polvere e il vento, il
suo terzo lavoro, dove cerca di curare la forma esteriore del testo senza
preoccuparsi della forma interiore; punta più sulla immagine
acustica del significato che non sul significato stesso.
Fa capolino, acquista un po di
coraggio e con la gola arsa, per aver mangiato la polvere mandata dal vento,
si disseta bevendo perle di rugiada alla tua fontana [che]
zampilla di miele [e chiude] gli occhi per placare lansia del cuore.
Lansia e langoscia che lhanno imprigionata nel non-dire, nel
non-raccontarsi, finisce di esistere e approda non nel presente e
neanche nel futuro ma nel mondo della fantasia, con Favola
(1995).
Ricca di sensualità, di simboli che ci
riconducono ai sensi, la poesia di Vera lascia lenzuola, letti
, tepori per arrivare ad un aspetto che poche poetesse hanno
decantato la maternità. In Pudore, la pubblicazione che stiamo
trattando, finisce di giocare con il lettore e si presenta a noi nella totale
nudità. Quel pudore che le aveva impedito di raccontare la sua vita, comune alla vita di
tante donne, ora svanisce.
Svaniscono i tabù sociali deterrenti e
la lettura viene desacralizzata nella ricerca di un nuovo leit-motiv. Niente
punteggiatura, fine del gìnnico versificare e pathos diretto ed immediato che invade il
lettore lasciandolo pago.
Ed ecco che la vita di Vera si
universalizza con la vita delle donne, mentre si fa più forte lequazione
donna=poeta. Questequilibrio mi fa ricordare quanto diceva, nel 1956, Vladimir
danov: La letteratura deve essere considerata nella sua relazione inseparabile
con la vita della società, sullo scenario dei fattori storici e sociali che influenzano
lo scrittore (...). (Ciò) esclude il punto di vista soggettivo e arbitrario che considera
qualsiasi libro unentità indipendente e isolata.
La nostra autrice può ora ripercorrere
le tappe della sua vita, dallo innamoramento alla sua iniziazione, dal suo essere donna al
divenire madre; dal concepimento al parto, considerando i figli come un dono damore
da offrire al mondo.
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